Ritrattista parigino di metà Ottocento, che ha conteso la scena a Nadar, Étienne Carjat è mancato il 19 marzo 1906.
Questo va annotato. All’indomani dell’invenzione della fotografia, con le date ufficiali del 1839, proprio a Parigi, dove tutto ha avuto inizio, sono sbocciati numerosi atelier per il ritratto: nuova e luminosa moda della borghesia del tempo.
Il ritrattista più noto e celebrato è certamente Nadar (al secolo, Gaspard-Félix Tournachon), la cui opera si è elevata sopra tutti. Tanto che proprio Nadar ha oscurato la fama di altri fotografi che hanno agito nello stesso tempo e nello stesso luogo. Tra tanti nomi dimenticati dalla Storia, il solo Étienne Carjat è riuscito ad affermare la propria sostanziosa personalità.
Curiosamente, il percorso professionale di Étienne Carjat ha ricalcato quello di Nadar; le coincidenze tra i due autori sono significative: entrambi vicini al mondo letterario della capitale francese, entrambi abili caricaturisti e scrittori… sono diventati fotografi per coincidenza di visioni e intenzioni.
Appassionato di teatro e raffinato intellettuale, oltre la fotografia, Étienne Carjat ha fondato e diretto riviste letterarie, tra le quali l’autorevole Le Boulevard (1861). Dopo un periodo di apprendistato fotografico con Pierre Petit, nel 1858 ha avviato il proprio atelier, nel quale hanno posato personalità artistiche, letterarie e politiche della brillante vita parigina.
A differenza di Nadar, in un confronto storicamente inevitabile, Étienne Carjat ha interpretato il ritratto in modo più dinamico e vario. In particolare, gli va riconosciuto di non essersi limitato a un proprio tratto distintivo unico e ripetuto (che, forse, definisce la ritrattistica di Nadar), ma di aver articolato inquadrature e composizioni differenti, via via applicate alla personalità del soggetto in posa.
Étienne Carjat ha dato vita a una fotografia di ritratto niente affatto semplificata, né banale. Ovverosia, in un momento esteticamente iniziale, durante il quale l’imitazione della pittura ha prodotto sostanziose “brutture” fotografiche, è stato un innovatore, uno straordinario ritrattista. La sua indiscutibile raffinatezza di autore particolarmente sensibile alla colta raffigurazione fotografica ha messo in evidenza non l’apparenza dei suoi soggetti, ma la loro intimità, il loro effettivo spessore culturale.
Tutto il mondo che ha animato la vita parigina della seconda metà dell’Ottocento, influenzando la cultura e la società internazionale, è passato per il suo atelier, attivo fino al 1876.
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