La fotografia nasce in forma di dagherrotipo lunedì 7 gennaio 1839 di annuncio all’Académie des Sciences, di Parigi, quando l’influente François Jean Dominique Arago offrì a Louis Jacques Mandé Daguerre il crisma ufficiale della sua invenzione.

Annuncio dagherrotipo
Annuncio dell’invenzione della fotografia (in forma di dagherrotipo), in una incisione d’epoca: Académie des Sciences, Parigi, 7 gennaio 1839.

La data è ufficiale. Per quanto la fotografia così come l’abbiamo intesa per centosettantasette anni, e ancora l’intendiamo, alla luce delle tecnologie che si sono succedute, ciascuna in regola e allineamento con i propri tempi, abbia origine e derivi dal processo calotipico negativo-positivo di William Henry Fox Talbot, la sua nascita deve essere conteggiata dall’annuncio del dagherrotipo: 7 gennaio 1839, con successiva presentazione il diciannove agosto.

Nella sua relazione, Arago pose l’accento sui brevi tempi di esposizione del procedimento dagherrotipico, conteggiati in «dieci o dodici minuti con il cattivo tempo invernale. D’estate questo tempo di esposizione può essere ridotto alla metà». Ovviamente, oggi queste considerazioni ci fanno sorridere, ma nella propria spontaneità sono specchio del clamore suscitato dalla nascita di un sistema con il quale la natura si fa di sé medesima pittrice (diciamola così).

Ancora, annotò Arago, «Il dagherrotipo non richiede una sola manipolazione che non sia assolutamente facile per chiunque. Non esige conoscenza del disegno e non dipende da un qualsiasi genere di destrezza naturale. Rispettando poche semplici istruzioni, chiunque può riuscire con certezza a ottenere risultati pari a quelli conseguiti dall’autore dell’invenzione».

Così che registriamo che Arago non è mai stato sfiorato dal pensiero che la fotografia, continuiamo a chiamarla come la conosciamo (e come vorremmo sempre conoscerla), avesse diritto a uno status artistico ed espressivo. Cioè la pensò e descrisse sempre in subordine e supporto ad altro, senza intravederne possibili personalità espressive proprie e autonome. E in questo modo istruì coloro che poteva condizionare con l’esercizio del proprio potere.

In ogni caso, Arago ha sempre declinato le possibilità del dagherrotipo all’interno del contesto di progresso scientifico e tecnico del proprio tempo. A questo proposito, registriamo una sua illuminante osservazione, pubblicata sulla Gazzetta Privilegiata di Milano, il venti novembre: «Certo, non è facile al primo apparire di una scoperta prevedere tutti gli usi a cui potrà servire, tutte le applicazioni che si potrà farne. Chi mai ai primi tentativi fatti per usar della potenza del vapore, avrebbe solo immaginato, e la rapidità dei viaggi sulle strade ferrate, e la facilità di navigare contr’acqua, e contro vento, e la innumerevole molteplicità delle macchine, per le quali l’operosità dell’uomo è a mille doppi aumentata».