Diane Arbus ha detto: “Una fotografia è un segreto che parla di un segreto. Più essa racconta, meno è possibile conoscere”
Doppia Luce è una scommessa.
Doppia Luce è un atto di fiducia.
Due persone – fotografo e soggetto. Due scatti. Due domande.
Si lavora su pellicola, in bianco e nero. Lo strumento: una Rolleiflex 2.8F.
Non c’è un set, non è un ritratto in studio.
CHI SEI?
COSA FAI?
Alla prima domanda risponderà il fotografo mostrandovi semplicemente ciò che già sapete: chi è la persona ritratta.
Ma l’identità è più che un nome ed un cognome, è più di un mestiere.
Ciò che siamo è ciò che facciamo?
È questo il segreto che tenteremo di svelare…

Doppia Luce Harari Chi sei

Chi sei?
Guido Harari, fotografo.Doppia Luce 01 Harari Cosa fai

Cosa fai?
Mi innamoro – cerco di andare al di là dell’apparenza – scopro le persone dietro ai personaggi – racconto storie
Per fotografare qualcuno o qualcosa, prima di tutto ti devi innamorare. Dentro di te deve scattare una molla che ti spinge verso l’altro: una scintilla di curiosità, di identificazione; un desiderio di non fermarsi alle apparenze e di scoprire e accogliere la persona dietro …al personaggio.
Come fotografo per molti anni ho operato nell’ambiente musicale, sospinto da una passione – quella per la musica unita a quella per la fotografia – che non si accontentava di dischi e concerti: già a 12 anni volevo di più; volevo incontrare gli autori che amavo ascoltare o leggere e poi trovare un modo di raccontarle, un linguaggio. Allora ho scelto la fotografia, posando ben presto il mio sguardo anche su persone che con la musica avevano poco o nulla a che fare.

Con le mie immagini non ho mai avuto la presunzione, o l’ambizione, di creare una specie di “memoria collettiva”. Ho seguito le mie passioni e le mie curiosità, sapendo di mettere insieme un mosaico che solo un pazzo, o un enciclopedista, avrebbe desiderato completo. Qui e là, in maniera frammentaria, ho tentato di fissare un’epoca di cui ho potuto afferrare solo la coda della cometa. A volte, soprattutto con i miei libri, ho desiderato restituire la parola ad artisti che non l’avevano più.
Ecco, ad un certo punto del mio percorso, ho percepito che la macchina fotografica non mi bastava più: nessuno sguardo può abbracciare totalmente e profondamente una persona se non in pochi inappaganti frammenti. Così è nato il mio “fotografare senza macchina fotografica”, con i miei libri.

Non volevo più fissare improbabili icone nel rettangolo di una fotografia, strappata tra mille moine e vuoti rituali. Cercavo un tempo lento ed un luogo che mi permettessero di far lievitare progetti, di far crescere conoscenza e approfondimento, forse anche una nuova “lingua” fatta anche di parole e di altro ancora. L’ho scoperto lavorando per tre anni, ogni giorno, con Fernanda Pivano, costruendo, smontando e rimontando una sua autobiografia per immagini, scavando nel suo sterminato archivio, guardando i negativi di suo marito, Ettore Sottsass, come se fossero i miei, cercando il mio sguardo in quello di altri autori, raccogliendo un vero e proprio “film” visuale, su cui Fernanda mi ha poi letteralmente dettato la sua lunga, incredibile avventura di vita.
Questo genere di viaggio totale è poi proseguito con Fabrizio De André, e poi con Giorgio Gaber e ancora con Pier Paolo Pasolini, l’unico di questi grandi che purtroppo non ho avuto la possibilità di conoscere personalmente. E allora mi sono “inventato” un libro per conoscerlo. Viaggi che mi hanno permesso di accedere ad archivi senza fine, a documenti, diari, registrazioni, fotografie. Carne viva, per me ancora viva, e che viva deve restare.
Se devo sintetizzare quello che faccio posso dirti che, in fin dei conti, cerco di lasciare una traccia del mondo che ho attraversato e amato, e di queste persone che hanno lottato e perfino pagato con la vita per renderlo migliore, cantando, scrivendo, immaginando un irrinunciabile ideale di Utopia senza il quale non esiste futuro.

LINK: www.valentinatamborra.com