Nella sua forma più rudimentale l’apparecchio fotografico è una cassetta con un piccolo foro da un lato: la camera obscura.

Zero 96
Apparecchio a foro stenopeico prodotto da Zero Image (© www.zeroimage.com).

Apprezzata dai fotografi, in commercio ne esistono modelli di tutti i prezzi, anche se molti preferiscono fabbricarla in proprio, talvolta per usarla con pezzetti di carta fotosensibile, in sostituzione alla pellicola, che poi stampano a contatto come faceva Talbot per il calotipo.
I calcoli per la progettazione sono semplici: la lunghezza focale è fissa e corrisponde, in mancanza di lenti, alla distanza fra il foro e il lato opposto, che prende il nome di piano focale. Il diametro del foro può essere determinato moltiplicando la radice della focale per 0,037 (con 100mm il focale il un foro misura 0,37mm), anche se in commercio ne esistono di già pronti, realizzati su appositi lamierini forati al laser.

Camera Obscura
Le prime camere obscure erano grandi quanto una stanza.

In genere gli apparecchi a foro stenopeico non hanno un sistema di mira per il controllo dell’inquadratura e l’otturatore consiste in una rudimentale leva che va a scoprire il foro stesso. I tempi sono calcolati sul diaframma come di consueto, ricordando che questo corrisponde al rapporto fra la focale e il diametro del foro (nell’esempio è f/270). Essendo molto chiuso il suo valore suona strano, anche se lo si ottiene, come di consueto, a partire dal diaframma precedente moltiplicato per 1,4, e quindi raddoppia ogni due stop: … f/16, 22, 32, 45, 64, 90, 128, 180, 256, ecc. A queste aperture l’esposizione è sempre calcolata in secondi, se non addirittura in minuti, dunque le pellicole entrano in reciprocità: il tempo corretto va quindi dedotto moltiplicato l’esposizione per un fattore indicato dal fabbricante.

Stenopieca
Fotografia esposta per oltre 40 minuti utilizzando un apparecchio a foro stenopeico. (© Sergio Marcelli).

La fotografia stenopeica è certamente il modo più aleatorio per fotografare: non esiste un mirino, le pose dilatate fanno scomparire quanto di animato, dando luogo a curiosi effetti di mosso; il fuoco si estende su tutta l’immagine, ma la pessima nitidezza divora ogni particolare.