Grazia Neri, in accostamento inviolabile, tanto da essere spesso pronunciato “grazianeri” senza separazione, è una delle figure più note e conosciute della fotografia italiana. Al culmine di precedenti esperienze professionali, distribuite sull’arco di dieci anni, nel 1996 fondò un’agenzia fotografica identificata con il suo nome, per l’appunto Agenzia Grazia Neri, che ha attraversato quattro decadi abbondanti, imponendosi come la più autorevole agenzia fotografica del nostro paese, fino alla chiusura, annunciata ufficialmente il 17 settembre 2009. Grazia Neri è nata Maria Grazia Casiraghi, a Milano, il 16 marzo 1935.

Grazia Neri (Ritratto di Ruy Teixeira)
Grazia Neri, in un ritratto di Ruy Teixeira.

Figura di spicco della fotografia italiana, all’indomani della conclusione della esperienza della agenzia fotogiornalistica identificata dalla sua personalità, Grazia Neri si è raccontata in una avvincente e appassionante biografia: La mia fotografia, pubblicata da Giangiacomo Feltrinelli Editore, nel 2013 (460 pagine 14x22cm).

A tutti gli effetti, non si tratta di una consueta sequenza cronologica, ma -molto più concretamente- di una lettura appassionante, che coinvolge coloro i quali frequentano la fotografia in una esistenza completamente vissuta con la sua espressività di più alto livello: da cui, riflessioni, considerazioni e testimonianze conseguenti.

Grazia Neri con gli emblemi dell'onorificenza di Grande Ufficiale della Repubblica Italiana (Fotografia di Lello Piazza)
Grazia Neri con gli emblemi dell’onorificenza di Grande Ufficiale della Repubblica Italiana (Fotografia di Lello Piazza).

Grazia Neri non si chiude nella propria esperienza, ma da questa parte per rivolgersi a quanti possiedono i termini per la comprensione. Le sue valutazioni sono fondamentali e straordinariamente proficue. In armonia con quanto già segnalato da Lello Piazza, autorevole frequentatore della fotografia, in occasione di una convincente recensione, isoliamo qui tre passaggi: significativi della vita di Grazia Neri e della sua capacità di condividere le proprie conoscenze acquisite.

Perché Grazia Neri è stata attratta dalla fotografia?: «Sentivo che uno dei pregi della fotografia era la sua utilità: poter vedere quello che non conoscevo, vedere luoghi ignoti, le situazioni ignote, lontane erano i primi requisiti che facevano scattare la mia curiosità. E poi vedere le persone, la gente nota e non nota. Vedere la bellezza. Poco per volta, capivo che la fotografia poteva essere “altro”, e tutto si fuse insieme prima come foto di denuncia, come foto dell’impegno, poi come fotografie di soggetto letterario, fino ad approdare, anni più tardi, alla ricerca artistica e alla storia della fotografia».

A proposito dell’oggettività della fotografia nel giornalismo: «Nella fotografia di Oded Balilty vincitrice del premio Pulitzer 2007 (Categoria Breaking News Photography) si vede una colonna israeliana dell’insediamento di Amona, nella West Bank (a est della città palestinese di Ramallah), che si oppone ai soldati delle forze di sicurezza del suo Paese negli scontri scoppiati durante lo sgombero di nuove abitazioni deciso dalla Corte Suprema d’Israele.

«Una fotografia di grande qualità, che si distingue per la ricchezza di lettura: in alto, la gente che assiste impotente al dolore della donna e, a destra, la vita che continua. Ci sono, in questa immagine, tanti elementi che ci fanno capire che i problemi sono lontani dall’essere risolti. La composizione fa venire alla mente un affresco.

Grazia Neri - La mia fotografia (2013)
Grazia Neri – La mia fotografia (Giangiacomo Feltrinelli Editore, 2013).

«La giovane donna fotografata ha però contestato la veridicità della fotografia. Sostiene di non essere stata sola: dietro di lei c’erano tantissimi altri coloni che le davano man forte. Il fotografo non ha visto? Gli altri erano leggermente staccati? Oded Balilty ha ristretto il campo, per mettere in evidenza solo la donna? Oppure, la donna mente? Si può immaginare che ci fossero tanti coloni, magari dislocati da un’altra parte. Comunque stiano le cose, la fotografia riassume efficacemente la storia di quelle giornate. Certo, non è la verità, ma ci aiuta a farci un’idea dell’avvenimento, mediata dal punto di vista del fotografo. Come tutte le fotografie, per essere compresa necessita di una didascalia».

A proposito della prima fotografia della sua collezione, di Jane Evelyn Atwood, che ritrae dei bimbi ciechi che toccano un gatto impagliato per imparare ad accarezzare un gatto vero, Grazia Neri riporta un pensiero della fotografa americana: «È raro che una fotografia cambi le cose, ma una fotografia di una detenuta americana che doveva partorire con le manette ai polsi ha cambiato la legge americana e, tranne che nell’Illinois, questa barbarie non esiste più».