Nato Emmanuel Rudzitsky, negli Stati Uniti, l’eclettico Man Ray si è espresso in mille modi: è stato pittore, fotografo e regista. Nella sua lunga vita (è mancato il 18 novembre 1976, a ottantasei anni), ha creato il concetto di fotografia d’arte.

Man Ray - Noire et Blanche (1926)
Man Ray – Noire et Blanche (1926).

Nel panorama complessivo della fotografia, l’intraprendente Man Ray ha profanato regole e disertato dogmi, forte di una surrealtà di visione e interpretazione che ha fatto letteralmente a pezzi la mondanità d’autore degli anni Venti e Trenta del Novecento, allora sostenuta soprattutto dalla stopposa Camera Work, di Alfred Stieglitz e compagnia.

Lo pseudonimo Man Ray è stato adottato nel 1914: ed è con questa identificazione che ha inciso profondamente sulla Storia della Fotografia, imprimendola con una convinta visione radicale. Estraneo a ogni insegnamento istituzionale, ha preferito frequentare il circolo anarchico Francisco Ferrer (rivoluzionario spagnolo fucilato per attività sovversive contro lo Stato: era stato il fondatore della Scuola Moderna, una nuova pedagogia scolastica fondata sulla fine di ogni autoritarismo degli insegnanti e lasciata libera alla fantasia dei ragazzi, più tardi ampiamente copiata).

Nel 1915, Man Ray conosce Marcel Duchamp e Francis Picabia: fonda la rivista proto-dadaista The Ridgefield Gazook e allestisce la prima esposizione personale di dipinti e disegni alla Daniel Gallery di New York City. Nel 1919, dà vita alla rivista d’arte TNT (acronimo della dinamite). Nel 1921, collabora con Alfred Stieglitz a una esposizione di fotografie. Non hanno gli stessi interessi per la demistificazione dei “segni” culturali imperanti e nemmeno si intendono sull’inutilità dell’avanguardia artistica permessa e sostenuta da galleristi, critici, operatori del settore.

Man Ray è di un’altra pasta creativa; lascia tutto e si imbarca per l’Europa, va a Parigi. Qui pubblica la prima raccolta dei suoi celebri Rayographs, inizia a fotografare per la moda, realizza ritratti di amici, si impegna in sperimentazioni. Nel 1923, dirige il film Retour à la raison. Si affianca agli artisti Dada, entra nel movimento Surrealista, collabora alla rivista La Révolution Surréaliste e si occupa di scenari teatrali. Nel 1929, pubblica un piccolo album di fotografie erotiche, corredato con poesie di Louis Aragon e Benjamin Péret. È ormai un “maestro della luce”, che ha rotto con tutti i canoni di riproduzione dell’immaginario fotografico.

Per Man Ray l’arte non sta da nessuna parte, se non nell’esperienza di ciascuno. È «L’artista che dipingeva per non dipingere, che fotografava per non fotografare, che creava per non creare, ma per permettere agli altri di viaggiare nella profondità della propria opera verso una meta imprevedibile. L’arte non è nell’immediatezza, ma in questo futuro, che tutti gli uomini dovranno un giorno raggiungere, dopo un lunghissimo cammino, è una meta e un bagliore, ma soprattutto uno stimolo a superare i confini delle verità convenzionali» (Janus, scrittore e critico d’arte).

La forza etica/estetica di Man Ray è quella di avere fatto dell’arte della fotografia qualcosa che va contro l’arte della mediocrità. La fotografia non nasce dentro la macchina fotografica, ma nell’occhio del fotografo (meglio se profanatore di ogni regola). Sempre.