Completato da una pertinente prefazione del curatore Hans-Michael Koetzle (Leggere le immagini: da leggere, per l’appunto) e da una apprezzata appendice bibliografica conclusiva, nella quale sono indicate le monografie più rappresentative degli autori presentati, Photo Icons. La storia di 50 fotografie straordinarie (in edizione 2019 Bibliotheca Universalis, di Taschen Verlag, dal titolo originario 50 Icone della fotografie. Le storie dietro gli scatti, del 2011) racconta le vicende di cinquanta casi fotografici, proiettati nella Storia evolutiva del linguaggio visivo e nella Storia più in generale. Per la loro elencazione, la cadenza è convenientemente cronologica. Indipendentemente da altre sottigliezze e/o definizioni, qui manteniamo le grafie dei nomi e le indicazioni dei titoli come sono riportate nella monografia, a volte tradotti, altre volte lasciati nelle proprie dizioni originarie.

1827 (altre fonti riportano 1826) Joseph Nicéphore Niépce: Vista dalla finestra a Le Gras. La prima Fotografia riuscita, riconosciuta e identificata come tale.

1838 Louis Jacques Mandé Daguerre: Boulevard du Temple. La prima Fotografia (dagherrotipo) nella quale compare la figura umana [considerazioni specifiche in 1839-2009. Dalla Relazione di Macedonio Melloni alla svolta di Akio Morita, di Maurizio Rebuzzini].

1840 Hippolyte Bayard: Autoritratto da annegato. Vicenda memorabile, vicenda straordinaria: il primo autoritratto fotografico della Storia è un autoritratto impossibile, in quanto sarebbe stato realizzato da un annegato suicida! [ancora, considerazioni specifiche in 1839-2009. Dalla Relazione di Macedonio Melloni alla svolta di Akio Morita, di Maurizio Rebuzzini].

1850 Alois Löcherer: Busto della Baviera. Allegoria in divenire, sottolinea il curatore, che va ad analizzare una raffigurazione delle lavorazioni diversificate di fusione, trasporto e collocazione in luogo di una statua colossale: agli albori di una identificata fotografia di attualità.

1853 (circa) Eugène Durieu e Eugène Delacroix: Nudo di spalle. Inizia la grande avventura del nudo in fotografia.

1856 Duchenne de Boulogne: Contractions musculaires. La fotografia finalizzata alla ricerca scientifica.

1857 Robert Howlett: Isambard Kingdom Brunel. Al cospetto della Great Eastern, che fu una delle grandi navi a vapore del Diciannovesimo secolo: il piccolo uomo tra ingranaggi giganteschi.

1862 Auguste Rosalie Bisson: Ascensione al Monte Bianco. La fotografia al seguito di una spedizione alpinistica.

1864 (circa) Nadar: Sarah Bernhardt. Il ritratto in sala di posa; indagine della personalità interiore.

1867 François Aubert: La camicia dell’imperatore Massimiliano. Messico: fine di un impero nella raffigurazione di una camicia con evidenti tracce dell’attentato mortale; ispirazione per Edouard Manet.

1871 André Adolphe Eugène Disdéri: Comunardi uccisi. Dal fotografo che ha “democratizzato” il ritratto, inventando la carte-de-visite (altra storia; svolta epocale, sulla quale riflettere), una cruda rappresentazione dei morti della Comune di Parigi.

1894 (circa) Maurice Guibert: Toulouse-Lautrec nel suo studio. Nell’intimità di un grande artista, simbolo del proprio tempo.

1898 Max Priester e Willy Wilcke: Bismarck sul letto di morte. Il grande statista, al quale si devono le tracce dell’Europa contemporanea, sul letto di morte.

1898 Heinrich Zille: Raccoglitrici di rami secchi. Carretti di legna: storia antica?

1900 (circa) Karl Blossfeldt: Adianto. Visualizzazione di fiori e piante con doppia maestria: fotografica e botanica.

1907 Alfred Stieglitz: The Steerage (Il ponte di terza classe). Anticipazione di quella che sarebbe diventata la fotografia della nuova obbiettività, nell’immagine dei passeggeri di terza classe in traversata atlantica (quante le dissociazioni e opinioni avverse!).

1908 Lewis W. Hine: Girl Worker in a Carolina Cotton Mill. Fotografia umanista. Alle origini di quella documentazione visiva del lavoro minorile che convinse il Congresso degli Stati Uniti a modificare le leggi sul lavoro.

1912 Jacques-Henri Lartigue: Grand Prix de l’Automobile Club of France. Il giovane Lartigue (diciottenne) alle prese con la metafora della velocità e della tecnologia del proprio tempo.

1914 August Sander: Giovani contadini. Dal grande e ambizioso progetto Uomini del Ventesimo secolo, un esempio significativo di un modo di mettere in posa la realtà: in rappresentazione fotografica di archetipo.

1916 Paul Strand: Blind Woman [nota personale: un autore altrove dimenticato]. Più antropologia che giornalismo, nella visione di un fotografo al quale non interessa l’attimo fuggente, ma la storia dei propri soggetti, da dove vengono e cosa rappresentano.

1926 Man Ray: Noire et blanche. Se ne è scritto parecchio, se ne scriverà ancora altrettanto: indefinibile, disorientante e irriverente personaggio del Ventesimo secolo, trasversale a fotografia, pittura, scultura e altre forme d’arte, che si colloca in un panorama storico fertilissimo di idee e pulsante di innovazioni.

1927 Konrad Ressler: Bertolt Brecht. Ritratto di un giovane, che -a ventinove anni appena compiuti- si offre all’obiettivo fotografico, già consapevole della strada intrapresa; lastre in vetro rintracciate alla metà degli anni Ottanta, acquisite dal Fotomuseum, di Monaco.

1928 André Kertész: Meudon. Per tanti versi, alle origini poetiche di quella street photography (qualcosa di più di fotografia di strada), che poi si è manifestata in molteplici sfumature e personalità.

1936 Robert Capa: Morte di un miliziano lealista (Falling soldier). Ancora il miliziano, ancora una riflessione su una vicenda che la Storia della Fotografia si trascina da decenni (per lo più, con motivazioni e posizioni inutili); parole chiare ed efficaci, fuori da coro, dai preconcetti che si avvertono altrove.

1936 Dorothea Lange: Migrant Mother, Nipomo, California. Una indiscutibile icona del Novecento in una analisi originale per punto di vista e taglio, con altre visioni di ambiente; se ne sentiva il bisogno.

1937 Sam Shere: Lakehurst New Jersey / Usa. Il disastro dell’Hindenburg, che esplode al suo atterraggio a New York, il sei maggio. La fine dei dirigibili per uso commerciale e di trasporto.

1939 Horst P. Horst: Mainbocher Corset. Moda? È soltanto moda? L’autore del testo offre una inattesa chiave interpretativa.

1945 Alfred Eisenstaedt: Il giorno della vittoria. Uno dei baci più famosi della Storia della Fotografia, trasmigrato alla società e al costume. La guerra è finita. Il mondo si lascia alle spalle un incubo [in copertina della stessa monografia 50 Icone della fotografia. – Le storie dietro gli scatti].

1945 Henri Cartier-Bresson: Germania. Tra immagini note (questa, per esempio) e rappresentazioni meno viste, un occhio sul disfacimento di una nazione, dilaniata da una guerra che non ha risparmiato la popolazione civile, sconvolgendone gli animi.

1945 Richard Peter sen: Veduta verso sud dalla torre del municipio di Dresda. Ancora le distruzioni della guerra; ancora domande alle quali, per le quali, trovare risposta.

1947 Ernst Haas: Vienna. Aspettando un miracolo (il miracolo). Sognando di rivedere il proprio figlio, disperso in guerra. È l’immediato dopoguerra, che porta ancora con sé i segni indelebili delle ferite.

1950 Robert Doisneau: Bacio all’Hotel de Ville. Incredibile: c’è altro da dire sul celeberrimo bacio fotografato da Robert Doisneau; inattesi approfondimenti e nuove osservazioni, tra riferimenti storici e considerazioni di fondo (con messa in pagina originaria).

1955 Dennis Stock: James Dean on Times Square. Altre immagini, oltre quelle più note, che appartengono all’immaginario collettivo; e, poi, una contestualizzazione giornalistica su un autentico Mito.

1960 Will McBride: Barbara con Shawn in pancia. Inizia una Fotografia più intima, partecipe di se stessi. In origine, questa fotografia della moglie incinta del fotografo destò sorpresa, scandalo e persino censura. Ma da qui, anche da qui, comincia una nuova stagione visiva.

1960 Robert Lebeck: Leopoldville. Fotografia che fece il giro del mondo, accompagnata dall’intero reportage: l’aggressione a re Baldovino, come simbolo di una condizione razziale nei caldi momenti del proprio culmine sociale.

1961 Peter Leibing: Salto nella libertà. Il Muro di Berlino non è ancora stato edificato (comincerà il tredici agosto). Il confine tra Est e Ovest è provvisorio. Un soldato della Germania Democratica [?] salta verso occidente. È un segno dei tempi, è un’immagine che va oltre il proprio istante: una autentica icona.

1962 Bert Stern: Marilyn – L’ultima seduta. Già fiumi di inchiostro sono stati consumati per raccontare la vicenda dell’ultima sessione fotografica di Marilyn Monroe prima della sua prematura e controversa scomparsa. Cosa altro aggiungere, cosa altro rivelare, oltre le speculazioni di sempre?

1963 René Burri: Che. Per quanto l’icona di Ernesto Che Guevara sia un’altra, e non stiamo qui a ripeterci, la sequenza fotografica di René Burri ha il grande e indiscutibile merito di presentare l’Uomo, più del mito; fantastica galleria di ritratti, che rivelarono al mondo intero il volto di una leggenda, immediatamente all’indomani della vittoriosa rivoluzione cubana.

1966 Gerard Malanga: Andy Warhol e i Velvet Underground. Poeta e tanto altro ancora, Gerard Malanga è stato uno dei più attenti testimoni dall’interno della Factory; oggi, le sue immagini sono rivitalizzate dalla nostalgia dei nostri tempi recenti, che ha prodotto una identificata lunga serie di titoli retrospettivi.

1972 Nick Ut: Kim Phúc – Napalm contro i civili. Sì: una delle fotografie che hanno cambiato il mondo, richiamando l’attenzione pubblica sull’andamento della guerra in Vietnam. È opinione diffusa che questa Fotografia, autenticamente tale, di un avvenimento sostanzialmente normale in guerra (dunque, non il fatto, ma proprio la Fotografia) abbia contribuito agli accordi di pace.

1973 Barbara Klemm: Leonid Brežnev, Willy Brandt, Bonn. Prima visita ufficiale di un leader sovietico in Germania, dalla fine della Seconda guerra mondiale; implicazioni politiche dietro una semplice fotografia di reportage.

1977 RAF: Hanns Martin Schleyer prigioniero della RAF. Un anno prima della celebre polaroid di Aldo Moro prigioniero delle Brigate rosse, una analoga certificazione fotografica con la quale il gruppo terrorista tedesco Rote Armee Fraktion, comunemente conosciuto come Banda Baader-Meinhof, dai due esponenti guida Andreas Baader e Ulrike Meinhof (e Gudrun Ensslin), rivendicò il rapimento del presidente della Confindustria tedesca (cinque settembre), in un disperato tentativo di liberare i propri leader storici rinchiusi nel carcere di Stammheim.

1981 Helmut Newton: Eccole!, Dalla serie dei definiti “grandi nudi”, con relativo redazionale su Vogue, una immagine è presa a simbolo e metafora della nuova consapevolezza femminile; anche in copertina della monografia originaria Photo Icons – The story behind the pictures.

1981 Sandy Skoglund: Revenge of the Goldfish. Una finestra sulla fotografia d’arte: argomento principe dei decenni a cavallo del Millennio. A partire dagli anni Ottanta, si registra una consistente azione creativa di fotografi artisti, che costruiscono le proprie immagini in evocazione di sogni o incubi. Eccezionale immaginazione, applicata a un medium che è raffigurativo per natura, ma rappresentativo per volontà espressiva.

1982 Robert Mapplethorpe: Lisa Lyon. Il più discusso fotografo degli anni Ottanta, prematuramente scomparso nel 1989, con una delle sue più presentabili rappresentazioni del corpo.

1987 Joel-Peter Witkin: Un santo oscuro. Autore controverso (amato e odiato, incondizionatamente), che fa del macabro stile raffigurativo, elevato ai più alti ranghi e livelli della fotografia d’arte.

1991 Sebastião Salgado: Kuwait. Emblematico reportage, per tanti versi lontano da crude drammaticità, che pone interrogativi. Come spesso accade, tante le domande, per risposte in attesa.

1991 Martin Parr: Acropoli, Atene, Grecia. Brillante esponente di vertice della nuova fotografia europea a colori, dalla fine degli anni Settanta, l’inglese Martin Parr osserva la vita quotidiana, documentandola in maniera autenticamente personale.

1992 Bettina Rheims: Chambre Close. Una modesta camera d’albergo, a Parigi (una camera di un modesto albergo parigino, fa lo stesso). Giovani donne posano seguendo le morbose indicazioni di un anziano voyeur, Serge Bramly. Specchio dei tempi? Sempre e comunque maschilismo? A qualcuno, è piaciuto.

2001 Thomas Hoepker: Manhattan vista da Williamsburg, Brooklyn 11 settembre 2001. Da lontano, ma vicino, la vita continua come se nulla fosse. È questa la vita dei nostri giorni?