Fotogiornalista tra i più celebrati dalla Storia della Fotografia, William Eugene Smith ha tracciato linee inderogabili dell’impegno fotografico. Al culmine di una vita e una carriera senza compromessi, è mancato il 15 ottobre 1978, a sessant’anni.

W Eugene Smith - A Walk to the Paradise Garden (1946)
W Eugene Smith – A Walk to the Paradise Garden (1946).

Volendo vederla in questo modo, W. Eugene Smith ha svolto una rigorosa cronaca, in forma d’arte. Il suo spirito di leggendario fotogiornalista aleggia ancora oggi sul piccolo-grande mondo della comunicazione visiva.

Dai primi anni Trenta, per tutta la Seconda guerra mondiale, che lo vede corrispondente di guerra nel Pacifico, fino ai grandi servizi per Life e alle successive indagini personali, i reportage di W. Eugene Smith sono indimenticabili racconti per immagini, interessati sempre alla parte più in ombra del mondo, a quelle realtà, spesso drammatiche, di fronte alle quali si è rifiutato di essere solo testimone passivo, specchio dei fatti, imboccando la strada della visione personale (addirittura artistica), della poesia e dell’estetica: insomma, dell’umanità.

Questo l’approccio con cui ha seguìto la dura giornata di lavoro del medico di campagna di una piccola cittadina del Colorado, e che lo ha portato a Minamata, sull’isola giapponese di Kyushu, testimone visivo delle conseguenze dell’inquinamento industriale causato dallo scarico di mercurio nelle acque della baia, e che lo ha ispirato nel villaggio spagnolo, che documentò nel 1950.

L’insieme dei celebri reportage di W. Eugene Smith, considerato già in vita tra i dieci fotografi più famosi al mondo, fanno parte della Storia della Fotografia, sono esempi di uno stile che non si è arreso all’obiettività del documento, ma ha cercato l’immortalità dell’arte.

L’ambiguità di W. Eugene Smith fotografo, in bilico tra reportage e fine-art, si scopre meglio nei lavori successivi alla collaborazione con Life, quando, libero da stretti impegni professionali, si inoltra nella ricerca personale, sempre con l’occhio attento alle questioni sociali. Sono di questo periodo le visioni di Talvolta dalla mia finestra osservo… (1957-1958), riprese in una New York inattesa, svelata nella sua vita quotidiana che passa sotto le finestre del suo appartamento all’821 dell’Avenue of the Americas, angolo 29th street. E ancora, la ricerca sul razzismo organizzato del Ku Klux Klan, la testimonianza delle numerose manifestazioni di protesta degli anni Sessanta contro la segregazione razziale e contro la guerra in Vietnam.

Ancora, la sua rinomata The Walk to the Paradise Garden, del 1946, famosa fotografia dei suoi due figli di schiena che si incamminano in un giardino dai toni ombrosi, concluse la celeberrima rassegna The Family of Men, curata da Edward Steichen, ai tempi direttore del dipartimento fotografico del Museum of Modern Art (MoMA), di New York, avviata nello stesso museo il 24 gennaio 1955 ed esposta fino all’otto maggio, prima di itinerare nel mondo.